Diritto del Lavoro

Violazione dell’art. 97 della Costituzione

Nonchè dell’art. 3 Legge 241/1990

E’ di facile lettura che l’avvenuta privazione delle mansioni caratterizzanti l’incarico del ricorrente conferito con regolare contratto, non sia avvenuta per effetto dell’adozione da parte della P.A. di un provvedimento di revoca formale.
Infatti lo stesso resta comunque il responsabile della struttura semplice, con tutte le conseguenze che ne derivano, ma non ha avuto possibilità di svolgere i compiti assegnati poiché inserito in turni di servizio di guardia Anestesiologica.
Così facendo non ha potuto svolgere le mansioni previste nel contratto oggetto di causa.
In tale ipotesi, il contrasto con i principi costituzionali e legislativi di riferimento è ancora più grave!!! Si riscontra, infatti, la violazione, non solo dei principi di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art 97 costituzione (per il prodursi di una ingiustificata discontinuità dell’azione amministrativa), ma anche di quello del giusto procedimento (stante la revoca implicita dell’incarico dirigenziale, in contrasto con la L. n. 241 del 1990, art. 3, che prescrive l’obbligo di motivazione per tutti i provvedimenti amministrativi) e di quelli di coordinamento della finanza pubblica, per l’ingiustificato aumento della “spesa complessiva per il personale regionale e locale”, che, come più volte sottolineato dal Giudice delle leggi è una delle più frequenti e rilevanti cause del disavanzo pubblico.
Si precisa altresì che le scelte operate dalla struttura ospedaliera sono comunque sindacabili dai medici sottoposti – per quel che ci riguarda, limitatamente alla suddivisione del lavoro – quando siano del tutto irragionevoli o arbitrarie, sì da pervenire, ad una vera e propria emarginazione di taluno dall’attività di reparto o ad una concreta mortificazione della sua professionalità (cfr. sul controbilanciamento dei poteri discrezionali del datore di lavoro, nel pubblico impiego contrattualizzato, con i canoni generali di correttezza e buona fede, cfr., mutatis mutandis, la consolidata giurisprudenza di legittimità in tema di conferimento degli incarichi dirigenziali, da ultimo Cass. Sez. L., sent. 18972 del 24/9/2015).
Ed è proprio ciò che è indiscutibilmente accaduto a danno del ricorrente. Non ci sono giudizi negativi di adeguatezza professionale a suo carico, né sono emerse percentuali di insuccesso per il proprio impegno, né addebiti differenti di natura disciplinare.
Rientra certamente nei poteri-doveri del Dirigente Medico di Struttura Complessa, ex art. 15 co. 6 del D. Lgs. n. 502 del 1992, garantire “il corretto espletamento del servizio” nonché “l’appropriatezza degli interventi con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative, attuati nella gestione delle risorse attribuite”. Altrettanto vero è che il dirigente adotti le relative decisioni con la necessaria discrezionalità amministrativa e tecnica, tenendo conto della professionalità e delle aspirazioni di ciascuno dei propri collaboratori.  Tutto subordinato al raggiungimento dell’obiettivo di tutela della salute dei pazienti attraverso l’adeguatezza delle decisioni assunte.
Nel caso in esame, la struttura ospedaliera ha adottato provvedimenti che, oltre ad emarginare l’alta professionalità del ricorrente, hanno ridotto, quasi azzerato, la tutela della salute dei pazienti, che usufruivano dell’assistenza 24h/24
Lo comprovano, documentalmente, i dati relativi ai turni di servizio, nonché i dati relativi al numero di ricoveri dei bambini, ridotto a n.25 nell’ultimo anno a fronte dei 60 nell’anno precedente.

Art 97 costituzione