VIOLAZIONE FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 20 DEL DECRETO LEGISLATIVO DEL 18 dicembre 1997, n. 472
Le modalità di assolvimento del contributo unificato, in termini di versamento, così come l’eventuale attività di recupero in caso di mancata regolarizzazione del versamento dello stesso, trovano regolamentazione e disciplina nel Testo Unico Spese di Giustizia (di seguito TUSG) approvato con DPR 30 maggio 2002, n. 115,.
Per ciò che rileva in questa sede, ai sensi dell’art. 16 del TUSP “1. In caso di omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato si applicano le disposizioni di cui alla parte VII, titolo VII del presente testo unico e nell’importo iscritto a ruolo sono calcolati gli interessi al saggio legale, decorrenti dal deposito dell’atto cui si collega il pagamento o l’integrazione del contributo”.
Il successivo comma 1 bis, ancora, recita: “1-bis. In caso di omesso o parziale pagamento del contributo unificato, si applica la sanzione di cui all’articolo 71 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, esclusa la detrazione ivi prevista”.
L’articolo 16 del TUSG, quindi, prevede che in caso di omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 247 a 249 del TUSG, concernenti la riscossione del contributo unificato, cui rinvia l’articolo 16 del medesimo TUSG.
In particolare, gli uffici competenti, nel caso di specie l’Ufficio del Giudice di Pace di Foggia, devono curare:
1) il recupero del contributo unificato il cui pagamento sia omesso o insufficiente, notificando al contribuente l’invito al pagamento previsto dall’articolo 248 del TUSG;
2) l’irrogazione della sanzione di cui all’art. 71 del DPR 26 aprile 1986, n. 131, in caso di mancato riscontro all’invito al pagamento;
3) l’iscrizione a ruolo, in caso di mancato pagamento, del contributo e della sanzione richiesti con gli atti sub 1 e 2.
Dall’articolato normativo richiamato, si desume che l’irrogazione della sanzione ex art. 16 TUSG presuppone, da una parte, l’invio di una comunicazione di invito al pagamento, e, dall’altro, che l’entità della sanzione da irrogare nel caso concreto debba essere determinata secondo le indicazioni fornite dall’art. 71 del DPR 131 del 1986, Testo Unico Imposta di Registro.
In relazione ai profili sanzionatori, dunque, nel caso di insufficiente o mancato pagamento a seguito dell’invito, l’ufficio competente al recupero procede, con separato ed autonomo atto, emesso ai sensi dell’art. 16, comma 1-bis, TUSG, all’irrogazione della sanzione di cui all’articolo 71 del DPR n. 131 del 1986, nella misura dal cento al duecento per cento del tributo dovuto.
Detto ciò, constatata l’assenza di una specifica disposizione nell’ambito dello stesso Testo Unico, e rilevata la natura tributaria del contributo unificato, per individuare l’esatta disciplina del procedimento di irrogazione delle sanzioni ci si deve riferire alla disciplina generale, ed in specie, al D.lgs 18 dicembre 1997, n. 472, recante “Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie”.
Di particolare interesse è la disposizione di cui all’art. 20, rubricato “Decadenza e prescrizione” che illustra la disciplina dei due istituti della prescrizione e della decadenza.
La prescrizione ha per effetto l’estinzione del credito fiscale relativo ad una sanzione già irrogata, la decadenza, invece, determina l’estinzione della sanzione per il mancato esercizio del potere di comminare la stessa entro un certo termine.
In particolare, l’art. 20, comma 3, prevede un termine di prescrizione quinquennale entro il quale l’ufficio deve esercitare il diritto alla riscossione della sanzione già irrogata.
Sul punto si richiama una pronuncia della Suprema Corte a Sezione unite del 10.11.2009, depositata il 10.12.2009, n. 25790, che ha stabilito: “…..l’art. 20 citato distingue il termine di decadenza entro il quale deve essere contestata la violazione ed irrogata la sanzione (comma 1) dal termine di prescrizione del diritto alla riscossione, consolidato in un provvedimento non impugnato (comma 3), a differenza della L. n. 4 del 1929, art. 17, comma 1, che non prevedeva un doppio termine (per la contestazione e per la riscossione): “il diritto dello Stato alla riscossione della pena pecuniaria si prescrive col decorso di cinque anni dal giorno della commessa violazione”…..”
Nella stessa sentenza della Suprema Corte, innanzi citata, è possibile leggere altro principio: “…..Nell’ambito del sistema delle sanzioni amministrative fiscali il termine della riscossione (corrispondente al termine di prescrizione della pena) è quello specificamente previsto dall’art. 20 del DLGS n. 472 del 1997, se non c’è stato contenzioso, altrimenti vale la regola generale dell’actio iudicati di cui all’art. 2953 c.c., non per applicazione analogica, ma per applicazione diretta….”.